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Legge di bilancio

La scorsa settimana il Governo ha approvato il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), la cornice su cui sarà costruita la prossima legge di bilancio.

Un documento che, ancora una volta, non possiamo fare altro che contestare perché guarda più ai vincoli europei che ai bisogni reali di famiglie e imprese, e soprattutto non affronta i nodi veri del Paese: la povertà crescente, il lavoro povero e le basse retribuzioni, la produzione industriale in calo e la crescita che non supera lo 0,5 per cento, il sottofinanziamento della sanità e l’assenza di politiche per i più giovani.

Nel 2025 il deficit si fermerà attorno al 3%, un risultato che consentirà all’Italia di uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo con un anno di anticipo. Ma questo non si traduce in crescita: il Pil resta inchiodato allo 0,5% nel 2025, allo 0,7% nel 2026 e sotto l’1% per i tre anni successivi. Numeri che descrivono un Paese fermo, nonostante la retorica del governo sulla “ripartenza”.

L’unica voce che cresce davvero è quella delle spese militari, con un incremento di oltre 23 miliardi nel triennio, frutto dell’accordo sottoscritto da Meloni in sede NATO. Una scelta che rischia di lasciare scoperti i fronti sociali più urgenti: sanità, scuola, politiche per la casa e sostegno ai redditi.

Il governo da un lato aumenta le spese militari e dall’altro sceglie di rassicurare le agenzie di rating più che di dare risposte al Paese reale.

L’ipotesi del taglio di due punti di Irpef è una misura, che non incide davvero sul potere d’acquisto del ceto medio, mentre cresce la spesa privata per sanità e servizi pubblici sottofinanziati. E sulle politiche per la natalità, il governo continua a rincorrere con bonus una crisi demografica che richiede ben altro: lavoro stabile e ben retribuito, congedi paritari, asili nido pubblici e gratuiti.

Il Partito Democratico propone una direzione opposta a quella della destra: una vera politica industriale per accompagnare la transizione ecologica e digitale e un grande piano per il lavoro di qualità, contro la precarietà e i bassi salari. E un investimento strutturale nella sanità pubblica e nei servizi educativi, perché la crescita economica passa prima di tutto dal benessere delle persone.
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