Effetto dazi sulla Lombardia
L’introduzione dei dazi statunitensi del 30% su numerosi prodotti europei rappresenta un colpo durissimo per l’economia italiana.
Secondo le stime di ReportAziende, basate su dati Istat ed Eurostat, l’effetto complessivo sull’occupazione potrebbe riguardare tra i 115.000 e i 145.000 lavoratori, con un impatto diretto sulle PMI esportatrici e sulle filiere agroindustriali integrate. Il 75% di questo impatto si concentrerà nel Nord Italia, colpendo il cuore produttivo del Paese.
In questo scenario, la Lombardia è tra le regioni più esposte. Secondo l’elaborazione le esportazioni lombarde verso gli Stati Uniti, nei comparti oggetto dei nuovi dazi, superano i 5 miliardi di euro all’anno.
Le conseguenze potrebbero coinvolgere tra i 30.000 e i 35.000 posti di lavoro, in particolare nelle province di Milano, Brescia, Mantova e Bergamo, dove si concentrano alcuni dei distretti industriali più internazionalizzati del Paese.
I settori a rischio – farmaceutica, meccanica, moda, agroalimentare – potrebbero perdere rapidamente competitività a vantaggio di produttori di Paesi terzi come India, Brasile e Canada. Le PMI meno strutturate potrebbero essere costrette a ridurre gli organici o sospendere le esportazioni. Il rischio è un effetto domino: calo dei margini, contrazione degli investimenti, perdita di competitività, aumento dei prezzi.
Oltre all’export, le conseguenze negative potrebbero riversarsi anche sul mercato interno: l’accumulo di prodotto invenduto e l’aumento dei costi di produzione per le imprese meno diversificate rischiano di generare un aumento dei prezzi al consumo fino al 10% nei settori colpiti, già dal primo trimestre del 2026.
E mentre tutto questo accade, il Governo Meloni tace. Nessuna iniziativa di diplomazia commerciale, nessuna misura concreta a sostegno delle filiere produttive. Un silenzio che rischia di trasformarsi in complicità. Il Partito Democratico chiede un'azione immediata presso la Commissione UE e l’attivazione di una trattativa con l’Amministrazione USA, incentivi alle imprese per la diversificazione dei mercati e un fondo di salvaguardia per le imprese e i lavoratori colpiti dai dazi.
Chiediamo al Governo una politica industriale e commerciale che difenda il valore aggiunto dei nostri prodotti. Ma la destra, che continua a proclamare la difesa del Made in Italy, di fronte a una minaccia reale e immediata come questa, è ancora immobile. Esiste perfino un Ministero dedicato al Made in Italy, ma a oggi non si vede alcuna azione concreta per tutelarlo davvero. Le parole non bastano più: servono politiche industriali, commerciali e diplomatiche all’altezza delle sfide.
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